lunedì 24 febbraio 2014

Fogli di celluloide: Il Corvo

Bene bene, buon inizio di settimana a tutti! Oggi, farò una cosa un po’ particolare. Di solito, quando vi ho dato la mia opinione dell’adattamento cinematografico di un libro,
questo era sempre un romanzo. Stavolta, invece parlerò di un fumetto. Lo ritengo infatti un genere letterario a pieno titolo, e anzi, amo molto i fumetti. Ogni mese compro una serie della Bonelli, Saguaro, i cui protagonisti sono dei Navajo negli anni ‘’70, e di tanto in tanto compro una grafic novel. E proprio di una di queste vi parlo oggi...
Il Corvo, scritto e disegnato da James O’Barr, è un cult sia del fumetto che del cinema. L’ho comprato qualche anno fa, nel pieno del mio periodo punk, periodo ancora non proprio terminato visto il piercing che sfoggio al naso da qualche settimana... Il film l’ho visto prima, in terza media. Entrambi mi piacciono molto, anche se il film più che altro prende il soggetto del fumetto e ne fa un’altra storia.

Una coppia, Eric Draven e la sua compagna Shelley, viene brutalmente uccisa da un banda di criminali. Qualche tempo dopo, lui risorge, accompagnato da un corvo, per vendicarsi.

Come ho anticipati, il film prende il soggetto e le linee generali del fumetto di O’Barr e crea una storia piuttosto diversa, approfondendo personaggi, come il poliziotto Darryl Albrecht e Sarah, la bambina amica della coppia, oppure cambiando il perché dell’assassinio. Se nel fumetto ci troviamo davanti ad un atto di violenza gratuita, nel film c’è una motivazione che definirei ‘’politica’’, dal punto di vista del boss dei criminali, Topdollar. Una cosa, però rimane. La violenza, il sangue, l’atmosfera di apocalittica disperazione e il sentimento di trovarsi in un mondo in decadenza, dove la città è preda di omicidi e narcotraffico. Un’atmosfera resa bene sia dal disegno scuro delle tavole di O’Barr, che tra l’altro ha dichiarato di essersi ispirato a un fatto reale accaduto ad una coppia di Detroit, sia dalla luce del film, in cui anche qui prevalgono il bianco e il nero che poi ritroviamo sulla faccia di Eric, le strade mal illuminate e la pioggia incessante. Ma, come dice la celeberrima frase del film, “Non può piovere per sempre”. E così, al contrario che nel fumetto, il film diretto da Alex Proyas (poi regista di Io, robot), ci da alla fine un barlume di speranza. Ottima anche la colonna sonora, che comprende brani dei Cure e dei Pantera.


Non posso non terminare parlando del fatto che buona parte del film deve il suo valore all’interpretazione di Brandon Lee, figlio di Bruce, scomparso in modo ancora poco chiaro durante le riprese. Se avete visto il film, avete presente la scena in cui Eric si ricorda di quando è stato ucciso? Ecco, la pistola non era caricata a salve. Una delle morti più misteriose del cinema... e James O’Barr in seguito dedicò il fumetto alla sua memoria. 



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